giovedì 4 giugno 2015

Pillole elettorali/1. ‪‎Regionali‬ 2015: ‪Pd‬ e ‎M5S‬. Campania

Dopo ogni consultazione elettorale le opinioni, le idee e le valutazioni politiche contano ma ancor di più pesano i numeri. Freddi, lucidi, inappellabili, i numeri dicono come va e come non va permettendo di capire in poco più di qualche riga se un soggetto politico ha funzionato oppure no. 
Guardiamo cosa è accaduto dalle regionali 2010 fino a quelle 2015 passando per le politiche 2013 e per le europee 2014, alle varie liste.
Partiamo dalla Campania per proseguire verso le altre 6 regioni chiamate al voto il 31 maggio 2015.

Nelle regionali 2010 il Pd arrivò secondo, dietro il Pdl, con poco più di 590mila voti crescendo in occasione delle politiche 2013 di circa 160mila voti in più (653.173) e proseguendo il trend positivo fino alle europee 2014 quando raggiunse quota 823.183 voti. In questa tornata, nonostante la vittoria di De Luca, la lista del Pd ha visto un tracollo quasi dimezzando i voti (443.722). Dato preoccupante se si considera che nemmeno sommando quelli delle due liste “civiche”, De Luca Presidente (11.698) e Campania Libera (108.921), si sfiora il risultato del 2014. 
M5S dal canto suo disegna una parabola analoga nelle ultime due competizioni. Partiti nel 2010 con poco meno di 37mila voti hanno registrato il salto di qualità nel 2013 sfondando quota 660mila per poi ridursi a 528.371 nel 2014 e infine poco oltre i 328mila voti quest’anno. 
La ‪‎Lega‬ che in generale ha registrato il miglior risultato tra il 2010 e il 2015 non ha presentato alcuna lista alle regionali 2010 e alle ultime per cui non è possibile effettuare alcun confronto.

venerdì 8 maggio 2015

UK elections 2015: il maggioritario resiste e persiste

Negli ultimi giorni numerosi commentatori politici nostrani hanno dato per spacciata l’alternanza britannica e il carattere tendenzialmente bipartitico del Regno Unito. 
Certi commenti sono giunti a valle di quanto accaduto di recente nel nostro Paese con la approvazione della legge elettorale meglio nota come Italicum, non senza alcuni tentativi, sinceramente un po' bislacchi, di promuovere la riforma elettorale sostenendone le capacità stabilizza, o al contrario criticare spingendo sugli effetti disrappresentativi.
In molti, si potrebbe dire la stragrande maggioranza, hanno sostenuto con un parallelo assai rischioso che l’ingovernabilità tipicamente europea, intendendo con ciò la difficoltà per i governi di contare su maggioranze stabili con numeri certi e ampi in Parlamento, avrebbe colpito in occasione di questa tornata elettorale anche la culla della democrazia parlamentare europea nonché del bipartitismo e dell’alternanza.
A chi cerca di dimostrare capacità predittive va sempre riconosciuto il coraggio di esporsi, per quanto spesso tale esposizione non conduca di per sé ad alcuna responsabilità né a ridurre la credibilità dell’autore. 
Ad ogni modo, di seguito sono riportati i risultati delle ultime elezioni britanniche dal 1992 ad oggi in termini di seggi. Come si può notare ad esclusione del caso del 2010, quando i Conservatori non raggiunsero la maggioranza dei seggi attestandosi a 306 (invece che 326), non si ravvedono scostamenti rispetto al ‘normale’ funzionamento  del sistema elettorale britannico. 
Probabilmente, da un lato le elezioni suppletive e quelle europee che videro lo Ukip di Farage guadagnare un seggio in più alla Camera dei Comuni e 24 a Bruxellese, e dall'altro quelle nazionali in Scozia che condussero nel 2011 lo Scottish National Party (Snp) a conquistare la maggioranza del parlamento nazionale, hanno condotto gli osservatori italiani a considerare praticamente estinta la dinamica maggioritaria e bipartitica nel Regno Unito. 
I fatti dimostrano, almeno oggi per una volta ancora, che il sistema maggioritario britannico è invece ancora funzionante e redivivo, vista anche la controtendenza rispetto al 2010. Da niotare come si possa registrare un saldo zero tra il numero di seggi persi dai laburisti (-26) e dai liberali (-49), e quelli conquistati dagli scozzesi (+50) e dai conservatori (+35). 
Il sistema quindi rimane incentrato su due forze maggiori e maggioritarie, alle quali si aggiunge una terza forza relativamente minore come ormai consolidatosi dal 1997. Degno di nota è che la forza in questione ha un carattere nazionalista (scozzese) e quindi a differenza dei lib-dem non è di ispirazione unionista, diciamo così. D’altro canto, però, gli esiti del referendum scozzese del 2014 contribuiscono a porre una ipoteca sulla resistenza nel lungo periodo dello Scottish National Party.
Nota di colore: considerando che Cameron potrà governare con appena 5 seggi di scarto, sarà interessante osservare se la ben nota disciplina interna di partito continuerà a funzionare o se, come accade qui da noi, i franchi tiratori potranno avere un ruolo decisivo nelle dinamiche parlamentari.


giovedì 7 maggio 2015

Vitalizi a condannati: Sposetti (Pd) così lisciamo il pelo all'antipolitica si decida dopo le regionali

Ugo Sposetti, senatore, classe ’47, storico tesoriere Ds, è intervenuto nella mattina del 7 maggio nell’aula di Palazzo Madama sull’annunciata riunione degli uffici di presidenza di Camera e Senato in cui si dovrebbe deliberare sulla revoca dei vitalizi ai parlamentari condannati
L’appello rivolto, quello politico, è stato quello di decidere solo dopo la campagna elettorale in corso.
Oltre alle rimostranze dei senatori M5S, qualche minuto dopo è intervenuto il capogruppo Pd, Zanda, specificando che le dichiarazioni di Sposetti vanno considerate a mero titolo personale.
La questione dei vitalizi ai parlamentari condannati non è meramente una questione amministrativa ma, ovviamente, ha raccolto il consenso, l’interesse e le adesioni da parte di singoli, gruppi e associazioni, tra le quali Libera che il 6 maggio ha consegnato una petizione con oltre 500mila firme a sostegno della proposta di revoca dei vitalizi ai parlamentari condannati.

Nota tecnica: i vitalizi, come le altre competenze (amministrative) parlamentari, sono di esclusiva potestà di ciascuno dei due rami del Parlamento. Camera e Senato, come altri organi costituzionali, godono della particolare prerogativa di risolvere le controversie con i propri dipendenti per giurisdizione interna (autodichia). Al pari, tale ‘giurisdizione’ è declinata in termini disciplinari, amministrativi, etc. nei confronti dei deputati e dei senatori. I vitalizi, pertanto, così come furono introdotti dall’organo amministrativo potranno essere modificati, sospesi o aboliti solo dallo stesso organo amministrativo.
Nello specifico tale organo è l’Ufficio di Presidenza che conta al suo interno, oltre al Presidente i vicepresidenti, i segretari di presidenza e il collegio dei questori.
L’autodichia non è indicata espressamente nel dettato costituzionale ma la si fa discendere dagli articoli 64 e seguenti della Costituzione. Al pari, l’assoluta indipendenza e autonomia interna (amministrativa, contabile, disciplinare, giurisdizionale, etc.) dei due rami del Parlamento è indicata nel combinato disposto del primo comma art. 64 Cost. e, rispettivamente, degli articoli 12 e 67 Regolamento interno Camera, e degli articoli 8, 10 e 166 Regolamento interno Senato.

In vista della riunione degli Uffici di Presidenza di Camera e Senato e delle polemiche che seguranno le affermazioni del sen. Sposetti si riportano di seguito gli stralci del suo intervento:
«[…]. In altre occasioni ho parlato del mio dissenso da decisioni parlamentari spinte dall'antipolitica e dal populismo imperante grazie a organi di informazione pubblici e, comunque, in vita con risorse pubbliche. 
Riconfermo questa mattina che lisciare il pelo all'antipolitica non è un mestiere che ho mai amato e che non amo e spero di non amare mai. Non ho mai svolto questa professione. […] ma ho scelto di svolgere un lavoro politico per dare un contributo, seppur modesto, alla democrazia di questa Italia. Questa Italia ha bisogno di ricevere e, soprattutto i giovani di questa Italia, messaggi positivi. Questa Italia ha bisogno di sedi per creare cultura politica, santa cultura politica. Se poi si riuscisse a creare anche cultura di Governo, saremmo più fortunati.
Ecco il punto: notizie filtrate dai media ci dicono che gli Uffici di Presidenza di Senato e Camera si accingono ad adottare delibera per "cancellare l'erogazione dei trattamenti previdenziali erogati a titolo di assegno vitalizio o pensione a favore di senatori cessati dal mandato o condannati in via definitiva". La collega questore ci ha informato ieri, attraverso un quotidiano, che con il presidente Grasso hanno condotto una battaglia insieme e che lo apprezza. […] Ma in questa occasione dico alla collega questore e al Presidente del Senato che non c'è il mio apprezzamento, non c'è la mia fiducia. Riciclaggio, concorso esterno al reato di mafia, associazione a delinquere, coinvolto nel processo Enimont, processo Mondadori. Un soggetto che ha commesso un reato presentato così perché deve avere una lauta pensione pagata dai contribuenti? Dirò poi al termine del mio brevissimo intervento chi sono i titolari di queste pensioni. La Corte costituzionale con la sentenza n. 70 del 2015 dice: "Il legislatore non può eludere il limite della ragionevolezza". Il criterio di ragionevolezza è delineato dai principi contenuti dalla giurisprudenza negli articoli 36 e 38 della Costituzione. C'è poi un altro passaggio che mi ha colpito: «irrimediabile vanificazione delle aspettative legittimamente nutrite dal lavoratore per il tempo successivo alla cessazione della propria attività".
Perché cambiare le regole per donne e uomini - nel caso specifico si tratta solo di uomini, fortunatamente - che hanno lavorato con quelle regole in atto? Io cambio le regole all'inizio della mia attività lavorativa, all'inizio della legislatura. Io so che sto dentro questo recinto, quando inizio un impegno lavorativo e professionale, e che sto dentro queste regole. Ritengo che i membri del Consiglio di Presidenza si trovino di fronte ad un diritto inalienabile, un diritto acquisito, un diritto che matura con il versamento dei contributi del lavoratore e dell'azienda, un diritto alla sopravvivenza. Per chi ha fatto solo quel lavoro, scatta un diritto alla sopravvivenza. […] Mi si dirà che tuttavia è stata garantita la reversibilità. Nobile orientamento e nobile decisione. Però - attenti colleghi - il diritto alla sopravvivenza dei congiunti e dei figli è garantito solo a condizione che il senatore non sia solo un ex, ma sia anche...
Rivolgo una supplica al Presidente del Senato: queste discussioni, questi atti non si compiono durante la campagna elettorale»

martedì 5 maggio 2015

I nomi (e i numeri) dell’Italicum da ricordare per il futuro

Alle 18 passate di lunedì 4 maggio l’Aula di Montecitorio ha approvato l’Italicum.
Dalla mattina le agenzie hanno cominciato a battere la notizia che le opposizioni sarebbero rimaste fuori dall’Aula. Nel corso della giornata è stato specificato che in caso di voto segreto le opposizioni avrebbero lasciato l’Aula, in caso di voto palese sarebbero rimasti per votare contro, al fine di evitare possibili sostegni non dichiarati a Renzi.
Il gruppo maggiormente  a rischio sarebbe stato Forza Italia con i suoi oltre 20 dissidenti interni pronti a sostenere l’Italicum nella libertà di coscienza garantitagli a segreto.  
L’impegno a restare fuori con il voto segreto ha livellato la gestione mediatica e soprattutto politica dei gruppi conducendo così Forza Italia (70), Sel (24), M5S (91), Lega (17) e FdI (8) a disertare la votazione. Assieme a loro alcuni deputati del Misto (ex leghisti, ex grillini, etc) e del Pd.
Il risultato lo conosciamo: presenti 399, votanti 395, favorevoli 334, contrari 61, astenuti 4. Gli assenti totali quindi sono stati 231, 16 dei quali in missione. 
Questi i numeri e i nomi nel dettaglio di chi c’era e chi non c’era
  • Forza Italia: fa venire meno 69 voti su 70 ma di questi ben 8 erano in missione ovvero non conteggiati per il calcolo dei presenti e votanti. Tra questi 8 vi sono i presidenti di commissioni permanenti come Sisto (Affari Costituzionali), Vito (Difesa), Capezzone (Finanze), commissioni che andranno a rinnovo a breve; Ravetto e Brambilla rispettivamente presidenti del Comitato Schengen e della Commissione Infanzia e adolescenza; Fontana uno dei tre questori.
  • Fratelli d’Italia: conta 2 deputati in missione: Larussa e Cirielli rispettivamente presidente della Giunta per le autorizzazioni e Segretario di presidenza a Montecitorio (cariche non a rinnovo), gli altri 6 contribuiranno a far venire meno il numero di voti validi;
  • Partito Democratico: conta 1 deputata in missione (Cimbro), 3 astenuti: Lenzi, Incerti e Fabbri, e ben 7 assenti: Portas, Zampa, Monaco, Marzano e Zoggia probabilmente per scelta propria, Genovese per scelta giudiziaria, diciamo così. Tra i voti del Pd si contano anche quelli di 5 ministri: Boschi ovviamente, ma anche Gentiloni, Madia, Franceschini e Orlando. Nota geografica: sono emiliano-romagnoli i tre astenuti e uno dei non partecipanti al voto (Zampa);
  • Movimento 5 Stelle: dei 91 deputati una sola è in missione per motivi personali (Lupo);
  • Area Popolare (Ncd-Udc): conta una deputata-ministro in missione (Lorenzin) e un ministro votante (Alfano), dei 32 voti possibili però deve registrare l’assenza di 2 deputati: De Mita e Cera (entrambi ex Scelta civica);
  • battitori liberi: non sono pervenuti i voti sparsi di Caruso (PI-Cd), e poi di deputati dal Misto: Vaccaro fuoriuscito dal Pd nella stessa mattina del voto, Borghese (Maie), Prataviera, Bragantini e Caon (ex Lega), Iannuzzi e Fornari (ex M5S);
  • voti favorevoli: se si considerano credibili le dichiarazioni di voto finale allora dei 334 voti per l’Italicum si possono individuare: 30 di Ap, 12 di PI-Cd, 23 di ScpI (24-1 in astenuta: Galgano) e dal Misto: 6 di Minoranze linguistiche, 5 di Psi-Pli, 2 dal Maie (3-1 assente). Dei 13 deputati non iscritti ad alcuna componente, al netto dei 6 assenti e 2 contrari (v. dopo) restano 5 deputati ipoteticamente favorevoli per un totale di 83. A questi andrebbero, teoricamente, sommati i 303 del Pd, ma…
  • voti contrari: dei 61 voti contro l’Italicum si possono individuare: 9 della componente Alternativa Libera (10-1 deputato in missione: Artini), 1 di Forza Italia (F.S. Romano), 2 del Misto (Fava, Corsaro). Restano 49 voti contro da assegnare. In Aula nel Pd sono state tre le dichiarazioni in dissenso (Civati, Lattuca e Fassina).
    Se gli alleati del Pd sono stati corretti allora potremmo ipotizzare che 83 dei 334  voti favorevoli sono giunti da loro. Dai banchi dei democratici, quindi, sarebbero da contare 251 voti favorevoli (334-83= 251; 303-3 astenuti-251=49). 
Ciò significa che nel Pd 49 deputati avrebbero votato contro. I conti tornano ma il condizionale è d'obbligo perché nel segreto dell'urna nessuno ti vede...

mercoledì 29 aprile 2015

LA STORIA E L'ITALICUM. QUALCHE UTILE DATO OGGETTIVO




Sull'‎Italicum‬ si sono rincorsi numerosi richiami e citazioni storiche, oltre che considerazioni politiche e politologiche. Di seguito qualche dato storico, oggettivo, che può aiutare a fare chiarezza sulle opinioni, soggettive.

La legge Acerbo (1923) fu votata durante il Regno d'Italia. Grazie ad essa si poté dare vita, effettivamente, alla dittatura fascista a partire dal 1924 (anno delle elezioni). 
La legge Scelba o, come chiamata dalle opposizioni, "legge truffa" (1953) venne adottata in pieno periodo repubblicano.
La prima fu approvata sotto il governo Mussolini, la seconda con il governo De Gasperi. I relatori della proposta di legge furono rispettivamente Casertano e Moro (Aldo).
La prima passò con 223 voti su 346, la seconda con 332 su 349.

p.s. la "legge truffa" non fu chiamata così dalle opposizioni per l'iter parlamentare con cui fu adottata ma per gli effetti disrappresentativi che riportava. ‪

I VOTI PD ALLA FIDUCIA E I POSSIBILI INCENTIVI A SOSTENERE L'ITALICUM

I casi della vita: 

1) le Commissioni permanenti di Montecitorio si rinnovano ogni biennio, come da art. 20 c. 5 del Regolamento, (anche con possibile riconferma degli incarichi), ovvero nelle prime settimane di maggio 2015;

2) per la maggioranza trasversale del Governo Letta, nel 2013 all'allora Pdl vennero dati i presidenti di 5 commissioni su 14 (I, III, IV, VI, VII) dopo la scissione tra FI e Ncd alla prima (opposizione) rimasero 3 presidenze di commissione (I, IV, VI). Escluse le posizioni dell'alleato di governo, quelle dell'ex alleato dovrebbe essere acquisite dallo stesso Pd e da altre forze di maggioranza;

3) al Pd, partito di maggioranza, vennero assegnate le restanti presidenze di commissione (II, V, VIII, IX, X, XI, XIII, XIV) tranne la XII che andò a ScpI;

4) nel passaggio dal Governo Letta a quello Renzi e in occasione di riforme quali l'Italicum e il Jobs Act una parte del Pd ha manifestato la propria contrarietà, più che altro nelle sedi di partito invece che in quelle istituzionali. Il Pd si trova quindi con ben 3 presidenti di commissione della cosiddetta minoranza (Boccia per la V-Bilancio, Damiano per la XI-Lavoro e Epifani per la X-Attività produttive);

5) dopo l'uscita dall'Aula di 17 deputati Pd in occasione del voto palese sulla sospensiva del 28 aprile 2015 (tra i quali Bersani), e dopo l'annuncio dell'ex capogruppo Speranza di non votare la fiducia alcuni prevedono una sorta di redde rationem democrats;

6) oggi sulla stampa Boccia e Damiano sostengono che voteranno, con ogni probabilità, la fiducia. Il primo perché avrebbe sentito i circoli di provenienza ricevendo da questi un via libera al voto, il secondo perché ribadisce che non andrebbe mai contro il Governo.

E' un caso, lo so...

martedì 28 aprile 2015

ITALICUM: VOTI PREGIUDIZIALI PASSAGGIO PRELIMINARE PER RENZI. FIDUCIA, PERCHE'?

In tarda mattinata l'Aula di Montecitorio vota le pregiudiziali di costituzionalità e quelle di merito oltre alla sospensiva proposte dalle opposizioni sull'Italicum
Le prime due votate a scrutinio segreto, la terza con voto palese. 
Il risultato, al netto della fuoriuscita dall'Aula di 6 deputati della minoranza Pd, è il seguente:

Pd + Ap (Ncd-Udc) + ScpI + PI-Cd = 381 (maggioranza senza assenti)
M5S + FI + Ln + Sel + FdI = 213 (opposizioni senza assenti)
Misto = 37 


Alla seduta del 28 aprile:
Presenti: 593 - Assenti: 37 (giustificati: 8 Pd, 2 Ap, 2 ScpI, 3 Misto)
Voti contrari a pregiudiziale: 384 (+3 voti rispetto a composizione base, +18 voti rispetto ai presenti della maggioranza al momento del voto)
Voti a favore: 209 (-4 voti rispetto a composizione base)

La matematica non è un'opinione e, d'altra parte, visti i numeri di oggi nemmeno la politica.
La questione è: la scelta di Renzi di porre la fiducia (e quindi affrontare le polemiche e la leva mediatica che avranno le varie minoranze, nonostante i numeri siano dalla sua) è un messaggio di estrema forza e inesorabilità contro le opposizioni interne e esterne oppure è una ulteriore salvaguardia per evitare incidenti di percorso e trappole a sorpresa da parte della minoranza Pd? 
Renzi vuole chiudere la partita con minoranza Pd e spaccare in via definitiva Forza Italia per avere il nuovo e più stabile quadro politico di governo (sostenuto da 290 Pd + 20 ex FI + 33 Ap + 25 ScpI + 13 PI-Cd)?

L'ITALICUM ALLA PROVA DELLE QUESTIONI PREGIUDIZIALI E DELLA SOSPENSIVA










Oggi alla Camera dei Deputati in occasione dell'esame dell'Italicum (A.C. 3-B-bis e abb.) saranno discusse e votate le questioni pregiudiziali e sospensive di cui all'articolo 40 del Regolamento interno. 
Nello specifico sono state presentate 4 pregiudiziali di costituzionalità dai gruppi di Sel, Lega Nord, Movimento 5 Stelle e Forza Italia; 3 pregiudiziali di merito da Sel, Movimento 5 Stelle e Lega Nord e infine da parte della sola Forza Italia una questione sospensiva.
Con quest'ultima si mira a rinviare ad una certa data l'esame del provvedimento mentre le pregiudiziali sono proposte per non discutere il provvedimento, infatti nel caso fossero approvate chiuderebbero l'iter legislativo.
Le pregiudiziali, come accennato sopra, possono essere di costituzionalità, qualora si ritenga che le norme del testo in esame siano incostituzionali, oppure di merito, laddove si faccia leva su questioni di opportunità politica. Laddove sono presenti più questioni pregiudiziali l'Assemblea svolge comunque una unica discussione e una unica votazione differenziando solo tra pregiudiziali di merito e di costituzionalità. La stessa cosa accade per le sospensive se ve ne sono più di una.
Si tratta di strumenti squisitamente politici che possono assumere ancora maggior peso politico e mediatico, tanto per le opposizioni quanto per la maggioranza, quando le votazioni sono poste a scrutinio segreto.
Questi e altri temi saranno affrontati sul piano teorico e su quello pratico attraverso case history e prove in classe nel prossimo Corso per assistente parlamentare e consigliere politico svolto dall'Associazione Professione Parlamento

mercoledì 1 aprile 2015

Il sottosegretario, l'Anci e la lettera ai deputati.DL Enti Locali in arrivo?

Deputati ricevono una lettera dell’Anci. A veicolarla direttamente nelle caselle non è la posta ordinaria ma un deputato, grazie al suo timbro. 
Anci risparmia denaro e il deputato in questione si fa latore di una serie di richieste al Governo, tra le quali quella di emanare subito un decreto legge Enti Locali.
Chi è il deputato? Un sottosegretario dello stesso governo Renzi.

Angelo Rughetti, sottosegretario alla Funzione Pubblica, sostiene da tempo, e lo ribadisce oggi sulle pagine di Repubblica, la necessità di “accordare alle città metropolitane la possibilità di rinnovare i contratti ai precari anche se non hanno rispettato il patto di stabilità”. Si tratterebbe secondo l’esponente del governo di un valido strumento per permettere al tortuoso percorso di trasformazione delle province di vedere risolti i problemi con gli esuberi. Esuberi che le regioni hanno dichiarato di non essere più in condizione di assorbire. Regioni, come Lombardia, Veneto, Campania e Puglia che ricorsero contro la c.d. legge Delrio, n. 56/2014, ricevendo una sonora bocciatura dalla Corte Costituzionale appena qualche giorno fa (sentenza n.50/2015).
Secondo Rughetti si sarebbe trattato di un mero strumento dilatorio che ha rallentato il percorso della legge Delrio ma che non bloccherà la concretizzazione del provvedimento. Strumentalizzazioni che, secondo il sottosegretario Pd, potrebbero essere definitivamente sventate se il Governo accogliesse la proposta di allentare il vincolo del patto di stabilità per le città metropolitane.
Non è questa la sede per discutere nel merito dell’opinione e della proposta lanciata sulle pagine di Repubblica oggi dal sottosegretario alla Funzione Pubblica. Vale la pena sottolineare, però, che la medesima proposta è stata già sollevata dai diretti interessati, ovvero dall’Anci.
Qualche settimana fa, infatti, è arrivata ai deputati una lettera a firma del Presidente Anci, Piero Fassino, allegata alla quale c’era un’altra lettera: quella che lo scorso 4 marzo lo stesso Fassino, Dario Nardella (nella figura di Coordinatore delle Città Metropolitane) e una serie di sindaci hanno inviato al Presidente del Consiglio. Nella lettera diretta a Renzi oltre a richiedere l’emanazione di undecreto legge Enti locali, l’Anci chiedeva un incontro urgente per definire alcune questioni tra le quali proprio l’allentamento del patto al fine di permettere alle Città Metropolitane di garantire l’assorbimento del personale delle province.

Due note, quindi, un po’ stonate. La prima: un sottosegretario del Governo si fa latore di una proposta dei comuni italiani come fosse un parlamentare qualsiasi, assumendo una posizione che peraltro interessa direttamente le sue competenze governative, promuovendola a mezzo stampa come se da esponente dell’esecutivo non avesse la capacità di veicolare certe proposte di soluzione. La seconda: l'Anci non affronta spese di spedizione per far arrivare le lettere nella casella dei deputati, grazie ad un deputato che con il proprio timbro su ciascuna busta permette alle missive un percorso “preferenziale”, come se si trattasse di comunicazioni interne al Palazzo. Di chi era il timbro sulle buste? Del sottosegretario Angelo Rughetti.