I cosiddetti ‘grillini’ sono il
focus del momento, e a ben ragione, nonostante tutto, se lo stanno meritando.
Meritano un po’ meno sia l’estrema cieca fiducia che molti
ripongono in loro, sia l’eccessivo sospetto con il quale altrettanti
accolgono ogni dichiarazione e ogni gesto dei pentastellati.
Medesimo ingiustificato approccio
lo si è registrato in queste giornate a seguito delle scelte fatte da Movimento 5 Stelle sulla formazione del governo e sui nomi da indicare.
Ebbene, se da cittadino posso dirmi in qualche misura preoccupato per
l’immobilismo che sta caratterizzando la politica italiana (non meno ovviamente
della svolta iper-presidenzialista e extra-costituzionale
intrapresa da Napolitano), da osservatore non posso non condividere le scelte
perseguite dai ‘grillini’.
M5S è una formazione politica –
chiamatela come volete: movimento, associazione o partito fluido – che ha come
unica e inestimabile moneta di scambio la credibilità.
I grillini, infatti, non hanno
pedigree né esperienze che possano testimoniarne le capacità, le competenze e
le potenzialità, almeno nella politica e nell’amministrazione. Elementi importanti per offrirsi nelle prossime competizioni che potrebbero non essere adeguatamente maturate (o quanto meno dimostrate) nel corso di una legislatura troppo breve.
Nel Movimento 5
Stelle ciascuno vale uno ma nella sostanza la vera forza sta nel numero e nella
falange (per fortuna non armata) che i neoeletti compongono, nella coesione e
nello spirito di squadra, qualcuno lo definirebbe cameratismo, che li
contraddistingue.
Ogni scelta che si allontana
anche solo minimamente da questa combinazione è foriera di danni in termini di
consenso e di sostegno che una formazione politica nuova e fluida come M5S non
può permettersi.
Di fatto, agli antipodi del
multiformismo perseguito e costitutivo del Pd, in antitesi con il
depauperamento individuale che caratterizza il Pdl, il M5S si fonda su una piattaforma
partecipativa monolitica ed open source, purché l'accesso sia strettamente vincolato al rispetto (intransigente) di principi e leggi cardine interni al movimento.
La coesione e la forzata
omogeinità, così mal sopportate da grandissima parte della stampa (tradizionale
e non) e da una ancora più larga fetta di opinionisti nostrani, sembrano
essere ormai sdoganate dal senso comune, quello che in questi ultimi giorni
sembra invece essere molto più difficile comprendere e condividere è
l’intransigenza con la quale Grillo e i vari portavoce e capigruppo pro tempore
hanno deciso di rispettare e promuovere.
No a qualsiasi ipotesi che non
preveda un esecutivo non pentastellato. No ai saggi anche se l’idea non era
male. No a governissimi o ai governi del presidente. No agli inciuci e ai
compromessi.
No a ripetizione, ma erroneamente
e diversamente da quanto sostenuto da moltissimi, non un No a prescindere, non
un No a priori, senza se e senza ma, ma un No necessario a tutelare la propria
credibilità. Un No utile come ossigeno per permettere al Movimento di
sopravvivere in questa seppur breve legislatura e ancor di più di poter
capitalizzare la combinazione coesione/intransigenza/credibilità e raccogliere
ancora più voti alle prossime imminenti elezioni.
Elezioni politiche che, sarebbe
duopo ricordare, si terranno in concomitanza o poco prima di quelle europee e
amministrative che interesseranno buona parte dei maggiori comuni italiani.
La strategia di Grillo,
Casaleggio e del resto dei neoeletti è perfetta e finora non ha fatto perdere
nemmeno un punto ai pentastellati checché ne dicano i vari opinion-makers, anzi
è vero il contrario, reggendo la barra a dritta M5S può solo che guadagnarci. Il
frame “destra e sinistra sono tutti uguali” è ormai ben radicato, i
proto-tatticismi dei due maggiori partiti di centrosinistra e centrodestra, nonché
la sempre peggiore performance del Capo dello Stato, messa in atto per dirimere
quello che di fatto è stato il prodotto (pessimo) delle scelte operate alla
fine del 2011, non fanno che rafforzare questa immagine di inciucio continuo –
vero o presunto non importa – ben rappresentato dalla squadra dei 10 “saggi”
indicati proprio dallo stesso Napolitano.
Questa è la differenza tra
tattica e strategia, tra il perseguimento di obiettivi di lungo periodo e
quelli di breve periodo. Al momento gli strateghi del M5S non hanno sbagliato
nell’investire tempo e forze guardando ben oltre il traguardo imminente.
Abbiamo avanti ancora diversi mesi per vedere se decidere di puntare sulla
credibilità e sviluppare nel frattempo il proprio pedigree dentro le
istituzioni potrà confermare il trend positivo dell'approccio grillesco.
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